Introduzione

L’ipertensione arteriosa (IA) è il principale e più diffuso fattore di rischio cardiovascolare e concorre a definire il rischio cardiovascolare globale. È trattabile ma non guaribile, e deve essere curata per tutta la vita; i vantaggi della cura si spalmano su decenni. L’IA assorbe pertanto notevoli risorse del Servizio Sanitario Nazionale ed è forte il sospetto che le ricadute positive sulla salute siano ancora sostanzialmente inferiori a quelle attese; il principale motivo di questa insoddisfazione è probabilmente lo scarso controllo pressorio ottimale nel lungo periodo, specie negli ipertesi ad alto rischio come i diabetici.

Dal punto di vista clinico un aspetto nodale nella diagnosi e cura dell’IA è la rilevazione del carico pressorio, che nella pratica corrente è ancora affidata a misurazioni sporadiche con metodica Riva Rocci. Una più corretta rilevazione del carico pressorio sembra poter offrire grandi vantaggi nell’assunzione di decisioni terapeutiche nel corso della vita del paziente iperteso: mantenere o cambiare una terapia, aumentare o no il numero di farmaci. Se tali presupposti sono giusti, sembrano evidenti le ricadute in termini di appropriatezza e in generale di economia sanitaria, con razionalizzazione della spesa utile per ridurre realmente gli eventi clinici.

La variabilità pressoria e il fatto che le misurazioni sporadiche spesso non tengano conto delle condizioni basali, unitamente alla situazione tecnica spesso scadente degli apparecchi, rendono questo approccio alla misurazione largamente insufficiente. La misurazione automatica ambulatoriale (monitoraggio pressorio) è di grande interesse e aiuto, ma non può supplire da sola all’informazione sul carico pressorio a lungo termine.

L’attuale disponibilità di apparecchi validati di misurazione semiautomatica da tavolo (elettronici con metodica oscillometrica) rende possibile un’automisurazione a lungo termine con diario, con ricadute favorevoli sugli aspetti gestionali dell’IA e sull’educazione sanitaria del paziente. Per comprendere queste ricadute favorevoli, è utile pensare al “modello diabete”, nell’ambito del quale da anni è diffusa e incoraggiata l’automisurazione della glicemia, che comporta spesso l’autogestione della terapia e rende comunque il paziente parte attiva nella cura a lungo termine.

L’automisurazione con diario:
• riduce il numero di visite mediche;
• aumenta la capacità decisionale del medico;
• riduce il cambio improprio di terapia. Il cambio di terapia ha sempre un doppio costo: per il nuovo farmaco e per quello sospeso, che va perso. Il cambio improprio, inoltre, diminuisce anche il beneficio finale della terapia;
• riduce il ricorso al monitoraggio delle 24 ore, che è comunque una tecnica impegnativa (durata, apparecchio costoso, ausilio di infermiere e medico);
• limita il ricorso immotivato al Pronto Soccorso per un semplice rialzo pressorio occasionale e di conseguenza riduce stress, atti medici inutili e cambi impropri di terapia (in Pronto Soccorso è pressoché impossibile rispettare le condizioni per una misurazione tecnicamente corretta in condizioni basali);
• comporta una ricaduta sull’educazione sanitaria del paziente iperteso, in quanto aumenta la sua consapevolezza e autonomia, riducendo l’apprensione;
• infine, aumenta la compliance e ciò nuovamente riduce la necessità di cambio della terapia.

Il Working Group on Blood Pressure Monitoring della European Society of Hypertension ha riconosciuto, nelle sue linee guida, l’importanza dell’automisurazione della pressione arteriosa nella gestione del paziente iperteso, per quanto riguarda sia la diagnosi di IA sia la valutazione dell’efficacia della terapia antipertensiva.

Scopo
L’educazione all’automisurazione della pressione arteriosa (PA) si prefigge lo scopo di istruire il paziente alla corretta automisurazione della PA nell’ambito di una più efficace educazione sanitaria della popolazione ipertesa.

Sulle basi di questa considerazione è nato il Progetto EDAPA (EDucazione Automisurazione Pressione Arteriosa), con il quale abbiamo voluto educare all’automisurazione della PA i cittadini che hanno partecipato agli incontri e inoltre, in quelli che hanno preso parte allo studio, abbiamo valutato il profilo epidemiologico e cardiovascolare, lo stato di conoscenza e informazione sulla misurazione della PA e sulla sua variabilità.

Dopo una prima esperienza ad Arezzo, che ha dimostrato la fattibilità pratica dell’insegnamento dell’automisurazione in un contesto di educazione sanitaria attiva, è stato varato l’attuale Progetto denominato EDAPA Grottaglie. Per sua natura, tale progetto ha coinvolto in maniera paritaria cittadini, associazioni di volontariato, amministrazione comunale, medici di medicina generale e medici ospedalieri internisti della città di Grottaglie.

Materiali e metodi
Dei circa 3.000 cittadini interpellati, e che avevano assistito agli incontri, hanno dato il loro consenso a partecipare allo studio (era richiesta una specifica disponibilità a collaborare nel tempo) 370 persone (198 maschi e 172 femmine) con età media di 60 ± 11,8 anni; il 58% aveva un’età compresa tra 45 e 65 anni. Il 48% era costituito da pensionati, il 10% da operai e il 28% da casalinghe. L’81% dei maschi e il 65% delle femmine avevano un indice di massa corporea > 25 kg/m2, con un sovrappeso medio di 28 kg (il 51% dei maschi e il 39% delle femmine), e una storia anamnestica di ipertensione da quasi 10 anni. Il periodo medio di attesa prima di iniziare una terapia era di circa 3 anni.

Dati ulteriormente interessanti riguardano le modalità di misurazione della PA: in media 4 volte al mese con 1 sola misurazione nel 66% dei casi, con 2 misurazioni nel 29% e con 3 misurazioni nella stessa seduta soltanto nel 2,5% dei casi.

La misurava presso il medico di famiglia il 52% dei cittadini, in farmacia l’8% e a casa il 39%. Il 56% dei cittadini disponeva di un proprio apparecchio per la misurazione a domicilio (acquistato spontaneamente nel 65% dei casi e su consiglio del medico nel 40%), ma solo al 69% di questi era stato spiegato come si misura correttamente la PA; inoltre l’85% circa sapeva che la pressione è variabile.

Lo studio è iniziato a febbraio 2006 ed è proseguito per un anno: abbiamo organizzato incontri, sia in assemblee pubbliche che negli ambulatori dei medici di medicina generale e in quelli dell’ospedale, con la popolazione di Grottaglie (cittadina di 32.000 abitanti in provincia di Taranto), per illustrare il “problema ipertensione”, inserendolo nel più moderno concetto di rischio cardiovascolare globale, e spiegare la corretta tecnica di automisurazione della PA attraverso l’utilizzo del Protocollo di educazione sanitaria per l’automisurazione della pressione arteriosa (riportato in Appendice); abbiamo inoltre distribuito apparecchi semiautomatici validati (OMRON M6).

Tutti i cittadini hanno ricevuto uno specifico training sulle modalità di misurazione con apparecchi semiautomatici da tavolo e sulla compilazione di un diario. L’informazione ha riguardato anche il concetto di variabilità pressoria, così che ognuno di loro potesse comprendere meglio, senza allarmarsi, la variabilità dei valori automisurati.

I cittadini hanno misurato la propria PA, seguendo tutte le raccomandazioni fornite dal Protocollo (3 misurazioni in posizione seduta al mattino e 2 la sera), in 2 giorni diversi nell’arco di una settimana; i dati delle misurazioni sono stati riportanti su un vero e proprio diario cartaceo.

Inoltre abbiamo valutato, con l’ausilio di appositi questionari: la durata della patologia, le misurazioni di solito effettuate e il luogo in cui venivano praticate, la presenza di comorbilità, la concomitanza di fattori di rischio cardiovascolare, le condizioni cliniche associate, l’efficacia della terapia antipertensiva e, infine, anche la qualità di vita mediante uno specifico questionario comprendente item che esploravano la dimensione sociale, fisica e psicologica.

Sono stati rispettati i criteri di inclusione (cittadini di età > 18 anni: normotesi, ipertesi essenziali in trattamento e non) e quelli di esclusione (impossibilità a seguire lo studio, a fornire il consenso informato, ipertensioni secondarie, malattie cardiovascolari di grado severo).

È stata tutelata ogni forma di privacy e i cittadini che hanno accettato di partecipare allo studio hanno firmato un consenso informato. Lo studio è stato valutato e accettato dal Comitato Etico della ASL 1 di Taranto, con il patrocinio della Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti (FADOI) e dell’Amministrazione Comunale della Città di Grottaglie.

I risultati sono stati espressi come medie ± gli errori standard (ES) e le deviazioni standard (DS) dalle medie per ciascuna variabile. Lo studio degli indici di correlazione tra variabili è stato effettuato con l’analisi di regressione lineare multipla e con il test t di Student per dati appaiati. È stato considerato significativo, ai fini statistici, un valore di p < 0,05. Sono stati analizzati i dati relativi a tutti i soggetti trattati e valutabili. L’analisi è stata condotta con il software statistico SPSS 11.0.

Risultati
Avendo come riferimento per l’automisurazione i valori di PA di 135/85 mmHg, nella nostra coorte abbiamo registrato il 28% di normotesi (PA media 128/78 mmHg) e il 72% di ipertesi (PA media 150/93 mmHg): di questi, il 30% ha un buon controllo (PA media 132/80 mmHg), il 55% presenta uno scarso controllo (PA media 152/94 mmHg) e il 15% non è a conoscenza di essere iperteso (PA media 146/92 mmHg) (Figura 1).


Figura 1 – Valori pressori nella popolazione del Progetto EDAPA (valori di riferimento per l’automisurazione: PA 135/85 mmHg)

Sommando gli ipertesi ignari di esserlo, e quindi non trattati, agli ipertesi trattati ma non controllati dalla terapia risulta che il 70% di tutti i pazienti non è controllato adeguatamente e quindi è a rischio. La distribuzione statistica tra i due sessi ha dimostrato che i maschi ipertesi sono il 56%, mentre le femmine sono il 44%.La classe di età con più pazienti ipertesi è quella 45-64 anni, con il 54% di pazienti con valori pressori elevati, e questa percentuale arriva all’80% se si includono anche i soggetti fino a 75 anni. In questi pazienti i valori pressori sono suggestivi per un’ipertensione sisto-diastolica.

I valori pressori medi rilevati il primo giorno (PAS 133,00 ± 17,65 mmHg; PAD 82,44 ± 11,72 mmHg) sono sovrapponibili a quelli rilevati il secondo giorno di misurazione (PAS 132,68 ± 17,92 mmHg; PAD 81,56 ± 10,98 mmHg): ciò dimostra come la tecnica di automisurazione domiciliare sia riproducibile. Fra tutti i valori medi registrati alla prima misurazione (PAS 142,86 ± 12,76 mmHg; PAD 90,64 ± 9,8 mmHg) e alla terza (PAS 134,42 ± 10,84 mmHg; PAD 83,78 ± 9,76 mmHg), sempre nella stessa seduta, abbiamo osservato una significatività statistica (p < 0,005) per il decremento dei valori. Pertanto, nella nostra analisi abbiamo considerato solo questi ultimi, in quanto sono più attendibili per lo scarto dell’effetto allarmante (Tabella 1).


Tabella 1 – Rilevazione dei valori pressori: media della popolazione del Progetto EDAPA
Riguardo ai fattori di rischio:
• il 64% dei pazienti presenta ipercolesterolemia (con colesterolo totale > 200 mg/dL; il 74% di tutte le femmine e il 64% di tutti i maschi) con LDL < 130 mg/dL il 45,45% (maschi 46,67%; femmine 44,44%) e con LDL < 100 mg/dL appena il 21% (maschi 26,67%; femmine 16,67%). Il colesterolo HDL è invece nella norma nell’85% dei maschi (> 40 mg/dL) e nell’80% delle femmine (> 50 mg/dL);
• i trigliceridi (> 150 mg/dL) sono aumentati nel 22% dei maschi e nel 36% delle femmine, anche se solo il 34% aveva riferito un colesterolo totale alto;
• il 18% dei pazienti è fumatore (maschi 12,6%; femmine 5,4%), ma gli ex fumatori da meno di un anno sono il 20% (quindi la quota totale di fumatori si aggira intorno al 38%);
• un’iperglicemia è presente nel 35% dei maschi e nel 28% delle femmine;
• inoltre il 63% delle femmine presenta una circonferenza vita > 88 cm e il 42% dei maschi una circonferenza vita > 102 cm (criteri ATP III). Secondo i criteri IDF il 71% dei maschi ha una circonferenza vita > 94 cm e l’82% delle femmine una circonferenza vita > 80 cm.Il 18% dei maschi presenta un’importante familiarità cardiovascolare e diabetica, mentre le femmine solo nel 14% dei casi. Il 32% dei pazienti consuma quotidianamente alcol (il 46% dei maschi e il 15% delle femmine).Il 26% dei pazienti (maschi 14%; femmine 12%) presenta i caratteri della sindrome metabolica (con almeno 3 fattori di rischio) secondo i criteri ATP III (circonferenza vita > 102 cm nei maschi e > 88 cm nelle femmine; glicemia a digiuno > 110 mg/dL insieme a PA > 130/85 mmHg; trigliceridi > 150 mg/dL; HDL < 40 mg/dL nei maschi e < 50 mg/dL nelle femmine), ma la percentuale aumenta se vengono classificati secondo i criteri IDF (circonferenza vita > 94 cm nei maschi e > 80 cm nelle femmine, con glicemia a digiuno > 100 mg/dL) e si ottiene il 38% (maschi 21%; femmine 17%) di pazienti affetti da sindrome metabolica. I nostri dati sono sovrapponibili a quelli dell’Osservatorio Epidemiologico Cardiologico Italiano.Le condizioni cliniche associate sono così rappresentate: 13% malattie cerebrovascolari, 30% vasculopatie periferiche, 35% cardiopatie ischemiche, 10% nefropatie; i diabetici sono il 13%.Da un’analisi di regressione lineare multipla è risultato che: il 32% dei pazienti non è esposto ad alcun fattore di rischio, il 20% è esposto a 1 fattore di rischio e il 48% è esposto a 2 o più fattori di rischio cardiovascolare; la penetranza maggiore è data dal colesterolo totale (32%), dagli elevati valori pressori (30%), dal diabete (30%) e dal fumo (9%). Se associamo tra loro questi fattori notiamo che il colesterolo e la pressione alta insieme al fumo determinano un 71% di esposizione al rischio cardiovascolare (Tabella 2).

Tabella 2 – Fattori di rischio cardiovascolare
Se confrontiamo i nostri dati con quelli ISTAT relativi alla Puglia (Figura 2) vediamo che la nostra popolazione maschile ha una PA più alta; in entrambi i sessi anche il colesterolo è più alto rispetto agli altri pugliesi, ma i cittadini di Grottaglie fumano di meno e hanno una prevalenza di sindrome metabolica leggermente inferiore, anche se sono maggiori i valori della glicemia.

Figura 2 – Confronto tra i dati EDAPA e i dati ISTAT per la Puglia e l’Italia
Per quanto riguarda la terapia: il 79% assume un solo farmaco, il 12% due farmaci e solo il 6% tre farmaci, mentre il 3% assume quattro farmaci; le associazioni più utilizzate sono l’ACE-inibitore insieme al calcioantagonista e al diuretico, e l’inibitore dell’angiotensina II sempre insieme al diuretico; infine, nell’ambito della monoterapia, gli inibitori dell’angiotensina II, gli ACE-inibitori, i calcioantagonisti e i betabloccanti sono i farmaci di prima scelta (Fig. 3). Solo il 2,3% assume statine e il 2,4% antiaggreganti, nonostante siano presenti fattori di rischio maggiori e importanti condizioni cliniche associate.

Figura 3 – Terapia seguita dalla popolazione del Progetto EDAPA

L’analisi degli item relativi alla qualità di vita ha dimostrato che oltre il 56% dei cittadini di Grottaglie ha la percezione della malattia e gode di riferita buona salute, anche se ha paura della pressione alta per i rischi connessi (65%) e il 77% si reca subito dal medico quando ha un rialzo pressorio; inoltre il 31% dei pazienti ha cambiato il proprio stile di vita da quando è iperteso e l’85% non ha affatto problemi a misurarsi la pressione. Il 58% assume regolarmente la terapia prescritta e nel 31% dei casi è aiutato dalla famiglia (costituita in media da tre persone); solo il 10% avverte che avere la pressione alta condiziona il rapporto con la famiglia. Quasi il 50% qualche volta avverte un senso di depressione e nel 26% dei casi è limitato a svolgere una normale vita sociale. Per quanto riguarda l’influenza della terapia sulla vita sessuale, soltanto il 4% vi attribuisce molta importanza, sebbene il 24% dei pazienti riferisca che qualche volta la pressione alta influenza la loro vita sessuale.Infine, riguardo all’attività fisica, il 43% dei partecipanti non la pratica mai e il 34% solo saltuariamente, anche se i maschi vi si dedicano più spesso delle femmine (il 27% contro il 15%).

Nell’ambito del nostro Progetto abbiamo utilizzato anche la carta del rischio cardiovascolare (Progetto SCORE) per la valutazione dell’evoluzione del rischio nei soggetti affetti da sindrome metabolica e con un livello di rischio ≥ 5%. Nella coorte dei pazienti da noi analizzati (quelli con età media di 50 anni) abbiamo visto che il loro rischio attuale è del 5,44% per i maschi e del 4,11% per le femmine, e se lo proiettiamo a 10 anni i maschi raggiungono il 6,63% e le femmine il 5,67%. Ciò significa che, se non vengono corretti i fattori di rischio, la nostra popolazione campione potrebbe sviluppare quasi il 20% di eventi cardiovascolari maggiori (Fig. 4). Ma il dato più interessante riguarda quei pazienti che hanno un ottimo controllo dei fattori di rischio (SCORE basale nei maschi 3,66% e nelle femmine 2,11%): in questi soggetti si ha quasi il 75% di rischio evitabile nella proiezione a 10 anni (nei maschi 4,10% e nelle femmine 2,98%) e il rimanente 25% è legato all’avanzare dell’età. Questi dati dimostrano come sia importante attuare una strategia di educazione sanitaria per ridurre l’entità dei fattori di rischio presenti.


Figura 4 – Valutazione dell’evoluzione del rischio cardiovascolare (carta del rischio cardiovascolare, Progetto SCORE)
Conclusioni
Il Progetto EDAPA ha evidenziato che con mezzi semplici e a basso costo è possibile far meglio comprendere l’importanza dell’automisurazione della PA, sia per quanto riguarda la gestione pratica della malattia sia per seguire nel tempo le modificazioni dei valori pressori e controllare l’efficacia del trattamento. Inoltre il nostro Progetto è servito a delineare il profilo epidemiologico e cardiovascolare di una precisa coorte di soggetti al fine di individuare, nell’ambito della società della salute, un percorso assistenziale per il miglioramento della malattia.Soprattutto, però, abbiamo voluto dimostrare come, con una metodica affidabile e omogenea, i pazienti ipertesi, alla stessa stregua di quelli diabetici, possano continuare a gestire i propri valori pressori e a valutare attivamente l’efficacia della terapia.

L’insieme dei dati analizzati porta a confermare, nella popolazione studiata, alcuni aspetti di interesse gestionale, oltre che strettamente clinico: i pazienti sono consapevoli di essere ipertesi e si rivolgono al proprio medico di famiglia per misurare la pressione, anche se la quota del 39% che la misura a domicilio è da considerare con interesse, unitamente al fatto che il 56% ha in casa un apparecchio misuratore; la bassa frequenza di misurazione svela un ampio spazio per una corretta educazione sanitaria e per una consapevole autogestione; i dati relativi ai concomitanti fattori di rischio e alle patologie associate confermano la stima di un rischio cardiovascolare globale rilevante, che richiede interventi organici e non parcellari, e anche in questo caso esistono ampie possibilità di miglioramento nella gestione medica, compresi gli aspetti farmacologici e di appropriatezza degli interventi nel tempo; gli aspetti legati all’indagine sulla qualità di vita evidenziano una forte percezione del rischio associato alla condizione di iperteso, e tale percezione viene amplificata dal riscontro di rialzi pressori (magari occasionali), che nel 77% dei casi porterebbero il paziente ad accedere al medico.

Basterebbe accrescere la consapevolezza, misurando la PA correttamente più volte (come dimostrato anche da questo studio), che il rialzo pressorio è solo iniziale per ridurre probabilmente ansia, accesi al medico e cambi non appropriati di terapia (che comportanto un doppio costo: per il farmaco nuovo e per quello vecchio, inutilizzato).

Da ultimo viene confermato anche con l’automisurazione, nella popolazione studiata, che solo il 30% dei trattati è ben controllato. Sarebbe sufficiente questo dato per provare che ancora molto resta da fare riguardo non solo ai farmaci, ma anche alle modalità di gestione da seguire nel tempo.

Tutto ciò potrebbe ragionevolmente comportare un risparmio di spesa nella gestione a lungo termine dell’ipertensione. A tale risultato si potrebbe pervenire grazie a una riduzione sia del cambio improprio della terapia sia degli accessi impropri al Pronto Soccorso e all’ambulatorio del medico di medicina generale, come abbiamo già dimostrato in un’altra piccola coorte di pazienti afferenti allo studio EDAPA Arezzo, ove in un anno si è avuta una diminuzione di quasi il 25% dei cambi terapeutici e del 20% degli accessi al Pronto Soccorso per rialzi pressori; inoltre, sempre nello studio EDAPA Arezzo abbiamo notato che, con l’automisurazione domiciliare, rispetto al controllo dei valori presso il proprio medico, si è avuta una migliore compliance, con una corretta assunzione dei farmaci, e ciò ha portato a una migliore copertura terapeutica.

Un ulteriore e rilevante risparmio nel costo della malattia si potrà attendere dalla riduzione degli eventi cardio e cerebrovascolari, collegabile alla migliore identificazione dei pazienti ad alto rischio (Progetto SCORE) o non responder alla terapia in atto, così da poter concentrare su di loro maggiori risorse terapeutiche in maniera mirata.